Il romanzo Il cuore rubato dello scrittore ucraino Andrei Kurkov, uscito in Italia nel 2024 grazie a Marsilio Editori, segue il precedente successo de L’orecchio di Kiev, riproponendo gli stessi protagonisti in una continuità ideale di storie e di ambientazioni che va a comporre la serie I casi di Samson.

Siamo nella Kiev del 1919, sotto il governo dei bolscevichi, mentre infuria ancora la guerra civile scoppiata a seguito della rivoluzione d’Ottobre. Entrambi i romanzi raccontano le vicende di Samson Kolečko, membro della “milizia degli operai e dei contadini”, impegnato a perseguire i crimini occorsi in una città spesso senza controllo. Ma l’abilità di Kurkov sta non solo nell’offrire una scrittura scorrevole e piacevole, e una trama all’altezza degli amanti del genere giallo, ma anche nel pennellare il quadro della sua Kiev negli anni turbolenti e confusi dell’affermazione del comunismo mentre infuria la violenza e l’incertezza di una grande guerra civile.

La città dove operano Samson e la milizia è preda di requisizioni di case e di mobilia, di furti più o meno legalizzati, dell’arbitrarietà dei soldati dell’Armata Rossa, di arresti e di esplosioni di violenza. È la Kiev dei čekisti (la Čeka era la famigerata polizia politica sovietica) e della loro cupa fama di far sparire le persone indesiderate, delle mense sovietiche (che avrebbero dovuto liberare le donne dall’incombenza del cucinare, e rendere così inutili le cucine nelle abitazioni del nuovo corso politico), delle anti-celebrazioni di anti-matrimoni officiati da anti-sacerdoti in una anti-cappella.

Con una scrittura gradevole e ironica, Kurkov ci fa capire come una delle principali preoccupazioni della milizia “degli operai e dei contadini” sia quella di realizzare fascicoli “gonfi”, solo così infatti la burocrazia poliziesca e l’ordine gerarchico si appagano, mettendosi al riparo nel momento in cui emettono il verdetto sugli incriminati. Sì, perché la condanna o l’assoluzione degli inquisiti viene emessa direttamente dalla milizia, non più da un tribunale. “Per fortuna”, arriva a sostenere il capo di Samson.

Si respira l’aria del pericolo e dell’ansia dietro ogni angolo: “Erano tempi difficili … Erano tempi inquieti e pericolosi, tempi di fame. Tempi in cui le armi contavano più della divisa”.

Ma oltre ai crimini c’è poi la vita quotidiana delle persone, nella quale precarietà e affetti si intrecciano in modo inestricabile. “Il sale non si trovava, così come non si trovava lo zucchero. Quella era l’amara verità di un’epoca turbolenta che non c’era modo di rendere più dolce o più sapida (in tutti i sensi)”.

Andrei Kurkov è nato nella regione russa di Leningrado, come Vladimir Putin. Vive da sempre in Ucraina, che Vladimir Putin vorrebbe conquistare a colpi di cannone. In una recente intervista al Corriere della Sera, in merito all’ambientazione dei suoi ultimi due romanzi ha dichiarato: “Fu nel 1918 che l’Ucraina annunciò la sua indipendenza e immediatamente venne attaccata dall’Armata Rossa, il cui scopo era di occupare tutto il Paese e trasformarlo in una Repubblica ucraina sovietica. Direi che è qualcosa di simile a quanto successo nel 2022”. In un’altra intervista ha sostenuto che “obiettivo dell’invasione russa è cancellare l’identità nazionale ucraina”.

Imminente è l’uscita in Italia del suo nuovo libro (La nostra guerra quotidiana) in cui non si parla della Kiev rivoluzionaria come in Il cuore rubato, ma dell’Ucraina dei nostri terribili giorni.