Nel giorno dell’Epifania il Presidente della Repubblica austriaco Alexander Van der Bellen, preso atto delle dimissioni del cancelliere Karl Nehammer, ha conferito l’incarico di formare il nuovo governo ad Herbert Kickl, leader del partito di estrema destra Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ).

Nelle elezioni legislative dello scorso settembre, l’FPÖ era diventato il partito austriaco di maggioranza relativa con il 28,85% dei voti, battendo i Popolari dell’ÖVP di Karl Nehammer (26,67%) e i Socialdemocratici del SPÖ di Andreas Babler (21,14%). La frammentazione dei seggi in Parlamento riflette la frammentazione politica nella società austriaca: l’estrema destra dell’FPÖ ha 57 deputati, i centristi dell’ÖVP 51, la sinistra del SPÖ 41, i liberali di NEOS 18 e i Verdi 16.

Dopo il voto di settembre 2024 nessuno voleva avere a che fare con l’estrema destra, e per questo venne incaricato Karl Nehammer di formare un governo tra Popolari, Socialdemocratici e Liberali. Il tentativo è fallito, e ora la parola passa proprio all’estrema destra. Il suo leader, Herbert Kickl, ha già fatto parte del governo austriaco in qualità di ministro dell’Interno tra il 2017 e il 2019 in un governo a guida popolare (Kurz I), distinguendosi per il costante impegno a rendere la vita dei richiedenti asilo in Austria sempre più difficile.

Ora scocca l’ora delle scelte fatali per l’estrema destra austriaca: la possibile guida del governo. Di strada ne è stata fatta da quel lontano 1956 quando nazionalisti e nostalgici fondarono l’FPÖ. Ebbe parentesi molto più moderate a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, poi con l’avvento alla sua guida di Jörg Haider tornò su posizioni decisamente più estreme.

Il risultato elettorale del 2024 è stato il più alto nella storia del partito. Forse è arrivato il momento di raccoglierne i frutti. Forse gli altri partiti democratici austriaci hanno qualche responsabilità in questa eventuale, storica, svolta politica: la prima volta di un governo guidato dall’estrema destra dalla Seconda Guerra Mondiale. A meno che, alla fine, non si torni a votare. Quando le classi dirigenti non riescono a risolvere i problemi politici, tocca chiederlo al popolo sovrano. Che non sempre viene a capo della situazione.

Il marconista di bordo