Dopo la vittoria alle ultime elezioni, il Presidente della Repubblica romena Nicuşor Dan ha nominato il 20 giugno scorso il nuovo Primo ministro. Si tratta di Ilie Bolojan, attuale Presidente del Senato, e già Presidente ad interim del Partidul National Liberal (PNL), partito di centro-destra di ispirazione liberale ed europeista. Il nuovo Governo, oltre al PNL, è costituito dal Partidul Social Democrat (PSD), dal partito espressione della minoranza ungherese Uniunea Democrată Maghiară din România (UDMR), e dal partito di ispirazione liberale Uniunea Salvati România (USR). Tutti e quattro i partiti governativi sono europeisti.
Il voto di fiducia ha garantito al nuovo Governo un’ampia maggioranza parlamentare, isolando i partiti di estrema destra.
La Romania ha attraversato un anno difficile e divisivo. Per la prima volta nella storia democratica del Paese, la Corte Costituzionale annullò il primo turno delle elezioni presidenziali del 24 novembre 2024 a causa delle ingerenze nel processo elettorale da parte della Federazione Russa. Un unicum nella storia dell’Europa contemporanea, a conferma della dimensione della guerra ibrida scatenata negli ultimi anni sui Paesi dell’ex blocco comunista egemonizzato da Mosca. Il 4 maggio 2025 le elezioni sono state ripetute, il 18 maggio si è svolto il secondo turno e la vittoria è stata ottenuta da Nicuşor Dan.
Il Paese si è profondamente diviso, pur avendo confermato il suo ancoraggio all’Unione Europea e alla natura liberale della sua democrazia. La divisione è stata ulteriormente alimentata da una situazione economica e di bilancio particolarmente difficile.
Nel 2024 il PIL pro capite è stato pari a 13.130 euro, il dato più basso nell’Unione Europea dopo la Bulgaria. Il deficit di bilancio della Romania è arrivato al 9,3% rispetto al PIL, il peggior dato dell’UE, mentre il rapporto tra debito pubblico e PIL è fermo al 54,8%.
Per ridurre l’esorbitante deficit pubblico dovranno essere imposte nuove tasse e nuovi tagli alla spesa pubblica. Misure impopolari, come ha riconosciuto lo stesso premier Bolojan, e solo una salda compagine governativa potrà affrontare con successo l’inevitabile malcontento che i provvedimenti susciteranno.
Tra le misure in discussione c’è la cancellazione dell’aliquota più bassa dell’IVA (attualmente al 5%) per portarla al 9%, mentre rimarrebbe inalterata l’aliquota principale (19%). Il Governo mira a introdurre un’imposta temporanea sugli extra profitti delle banche a partire dal 2026, e nuove imposte sugli utili derivanti dalle criptovalute. Ulteriori misure fiscali riguarderebbero l’aumento delle accise, delle imposte sulle proprietà e sui dividendi, l’imposizione fiscale sulle pensioni superiori a 4 mila lei (pari a circa 915 euro) al mese, nonché la quotazione in borsa delle partecipazioni di minoranza in società statali.
Il marconista di bordo