Come può essere accaduto che né i genitori né la sorella si siano mai accorti di nulla? Nessun segnale, nessun cenno, nessuno sospetto?

Il padre, così idolatrato, ha fatto davvero del suo meglio per educarlo, come dice singhiozzando nell’ultima scena, per trasmettergli dei valori civili, dei principi ideali? La madre, così devastata dopo l’accaduto, lo ha avvolto con tutto l’amore necessario per farlo crescere con equilibrio e buoni sentimenti? La sorella, così assennata dopo la tragedia, non ha mai avvertito le potenziali fragilità del fratello?

E la scuola, allora? Gli insegnanti, gli assistenti, gli amici …

Nessuno conosceva davvero il tredicenne Jamie? Le sue difficoltà, le sue rabbie, le sue frustrazioni? E viceversa: Jamie, voleva farsi conoscere?

Come hanno potuto i familiari credere che, chiudendosi sempre nella sua camera e al tempo stesso aprendosi al mondo osceno dei social media, potesse essere al sicuro? Questi ragazzi sono in grado di reggere la pressione emotiva generata dall’utilizzo senza limiti di strumenti tanto potenti quanto irresponsabili, dall’influenza senza filtri di modelli maschili e virili cui fanno fatica a corrispondere?

Jamie è un mostro o una vittima, o nessuna delle due ipotesi?

Quante altre domande possiamo farci davanti alla serie televisiva Adolescence, ideata da Jack Thorne e Stephen Graham, e uscita nei primi mesi del 2025?

Ne ha parlato il premier inglese, ne hanno discusso vari rappresentanti della Camera dei Comuni a Westminster, ne hanno scritto molti giornali britannici.

Guardatela, questa serie TV, e avrete uno spaccato della società inglese contemporanea, del suo sistema scolastico, della vita quotidiana di famiglie normali, dell’azione della polizia, delle attività dell’assistenza sociale, dell’impatto devastante dei social media sui cervelli degli adolescenti.

Un’ultima domanda: siamo sicuri che sia solo un problema inglese?