L’Assemblea generale delle Nazioni Unite si è riunita ieri in seduta straordinaria in occasione del terzo anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Sono state votata alcune risoluzioni sulla guerra, come negli anniversari precedenti. Le risoluzioni dell’Assemblea generale non hanno valore vincolante (lo sarebbero solo quelle del Consiglio di Sicurezza), ma costituiscono un evento di rilevante valore politico, poiché è l’unica occasione nella quale i governi di tutti gli Stati del pianeta si schierano, esprimono formalmente la loro posizione sulle più importanti questioni del mondo.

Tralasciamo le diverse fasi diplomatiche legate alle bozze di risoluzione presentate. Il dato di fatto è il seguente: sulla risoluzione in favore dell’aggredito (Ucraina), della sua indipendenza e della sua integrità territoriale, una risoluzione presentata dall’aggredito (Ucraina) e dalla quasi totalità delle democrazie mondiali, gli Stati Uniti di Donald Trump ha deciso di votare contro.

Gli Stati Uniti hanno votato insieme alla Russia di Putin, alla Bielorussia di Lukashenko, alla Corea del Nord di Kim Jong-un, all’Ungheria di Orban, alle dittature del Sahel sostenute dai mercenari russi (Mali, Repubblica Centrafricana, Burkina Faso).

La frattura politica tra Stati Uniti ed Europa è enorme, su un tema esistenziale: i confini degli Stati europei, confini che per i sovranisti italiani ed europei sarebbero sacri quando si parla di immigrati, e non lo sono più quando in ballo ci sono gli interessi imperiali della Federazione Russa.

Un tempo esisteva un pudore politico nel momento in cui si dovevano compiere atti poco onorevoli. Oggi no. Oggi sembra normale accusare il Presidente dell’Ucraina di essere illegittimo quando continua a difendere il suo Paese, e subito dopo tornare magicamente ad essere considerato legittimo allorché deve firmare accordi per cedere le sue terre rare agli Stati Uniti.

In quest’ora grave dobbiamo dare atto ai governi europei di operare con misura e senso di responsabilità, consapevoli che debbono avere giudizio per sé e per quelli che il giudizio l’hanno perduto.

Ma in questo tornante della storia, i governi europei debbono mostrare anche coraggio. Non tutto è perduto.

Il marconista di bordo