In una edizione del Festival segnata alla sua conclusione da un black-out elettrico, molto meno grave di quello che ha colpito la Spagna qualche settimana fa, ma qualche interrogativo lo ha fatto sorgere comunque, la Palm d’or è stata assegnata dalla giuria al film Un simple accident del regista iraniano Jafar Panahi.

Tutto si tiene: un Paese di grande tradizione storica e culturale come l’Iran; un regista nel mirino di un regime autocratico al punto da spedirlo in carcere; una storia che pone problemi morali e umani di grande rilievo, contraddizioni rilevanti per ogni vittima che, incontrando per caso l’aguzzino che l’ha tormentata nel passato, si pone il problema del limite alla vendetta che inesorabilmente sente dentro di sé di dover consumare.

Il secondo premio per importanza assegnato a Cannes, il Grand Prix, ha visto la vittoria di Affeksjonsverdi (Valore sentimentale) del regista norvegese Joachim Trier, un film che narra il complesso rapporto tra un padre regista e le due figlie (di cui una, Nora, è un’attrice teatrale) allorché si inserisce una star hollywoodiana molto arrivista.

Il Premio della Giuria, presieduta dall’attrice francese Juliette Binoche, è stato un ex aequo: Sirât del regista spagnolo (nato a Parigi) Oliver Laxe, e Sound of falling della tedesca Mascha Schilinski.

Gli altri premi principali sono stati i seguenti:

Miglior regista: il brasiliano Kleber Mendonça Filho per il film O Agente Secreto;

Miglior sceneggiatura: i belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne per il film Jeunes Mères;

Miglior attrice: la francese Nadia Melliti per il film La petite dernière;

Miglior attore: il brasiliano Wagner Moura per il film O Agente Secreto;

Premio speciale 2025: Kuang ye shi dai (Resurrezione) del regista cinese Bi Gan.

Nessun italiano ha vinto un premio.