L’aula del tribunale di una contea dell’Alabama si è ormai svuotata: l’imputato, un giovane di colore accusato di aver abusato di una ragazza bianca, è stato appena condannato da una giuria di uomini bianchi e portato nel carcere; la corte si è ritirata; il pubblico presente nella sala è uscito.

Nell’aula è rimasto solo Atticus Finch, l’avvocato (bianco) dell’imputato: raccoglie in silenzio e amareggiato le sue carte. E nella galleria, che corre in alto tutta intorno alla sala, rimango silenti e attoniti gli abitanti di colore della cittadina, dopo aver visto il bravo avvocato dimostrare inutilmente l’innocenza dell’imputato, e gettare più di un’ombra sul rozzo padre della sventurata ragazza.

Nonostante la contrarietà dell’avvocato, i suoi due figli ragazzini si erano intrufolati in tribunale per vedere il padre difendere il giovane: dopo tutto si tratta dell’evento dell’anno nella sonnacchiosa cittadina rurale dell’Alabama anni Trenta, dove povertà e pregiudizi camminano insieme agli abitanti. La bambina si è addormentata ai piedi del reverendo, amico della famiglia.

Mentre l’avvocato Finch finisce di raccogliere i suoi documenti e si appresta ad uscire anche lui dall’aula, gli uomini e le donne di colore della galleria si alzano in piedi per rispetto all’unico che ha difeso il ragazzo. Il reverendo sussurra alla ragazzina addormentata: “Miss Jean-Louise! Miss Jean-Louise, in piedi. In piedi! Passa suo padre”.

Questo è Il buio oltre la siepe, film del 1962 diretto da Robert Mulligan e prodotto da Alan Pakula: un grande capolavoro, con tutto il fascino delle pellicole in bianco e nero. Tre premi Oscar, tra cui uno per lo strepitoso Gregory Peck, interprete dell’avvocato Atticus Finch. Bravissimi i ragazzini. E meno male che la televisione ci ripropone qualche volta film di questa caratura.