Non era certo scontato che la riunione di ieri dei Ministri degli Esteri del G7 a Charlevoix, nella provincia canadese del Québec, si concludesse con una dichiarazione così forte e netta sulla guerra in Ucraina.
Intorno a quel tavolo sedevano i rappresentanti di Paesi contro i quali il maggiore di essi (gli Stati Uniti) ha scatenato una guerra commerciale sui dazi che potrebbe sfuggire di mano, e i cui effetti sulle borse, sull’inflazione, e sulla fiducia dei consumatori stanno già iniziando a fornire i suoi malefici frutti. Perfettamente prevedibili e previsti, del resto. Inoltre, sul tema specifico dell’Ucraina, il più forte dei Paesi G7 ha dato più di una prova recentemente di essere più accomodante con l’aggressore che con l’aggredito, per non parlare dei rapporti con il Paese ospitante la riunione: da vicino di casa lo vorrebbe trasformare in casa propria. Come se Stati democratici, liberi e sovrani, fossero solo terreni fabbricabili per lucrose speculazioni edilizie.
Ebbene, la dichiarazione congiunta conclusiva del vertice (riportata in altra sezione del sito) ribadisce “il nostro incrollabile sostegno all’Ucraina nella difesa della sua integrità territoriale e del suo diritto a esistere, nonché della sua libertà, sovranità e indipendenza”.
Ora, se il sostegno all’Ucraina è “incrollabile” significa che non dobbiamo venderla al mercato delle convenienze russe. E se il sostegno incrollabile all’Ucraina riguarda prioritariamente la “sua integrità territoriale” e il “suo diritto a esistere”, vuol dire che l’aggressore aveva ed ha (e molto probabilmente avrà ancora) la volontà di non farla esistere più.
Alcuni commentatori hanno giudicato la dichiarazione finale come il frutto di un compromesso tra Stati Uniti e il resto dei 6 Paesi, dove il primo ha “ceduto” sull’Ucraina seguendo la linea politica sostenuta da sempre dalle democrazie occidentali, e gli altri hanno “ceduto” sul Medio Oriente non riconoscendo più la prospettiva dei “due popoli, due Stati” nel conflitto fra israeliani e palestinesi.
Le prossime settimane ci diranno se la suddetta interpretazione è corretta.
Il marconista di bordo