La giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena viene rapita in Iraq. Scendono in campo i servizi segreti militari italiani, il SISMi. Conducono le difficili trattative, si arriva ad un accordo. Al momento del rilascio della rapita, il 4 marzo 2005, forse non sarebbe stata nemmeno necessaria la presenza del dirigente Nicola Calipari. Dopo aver gestito le trattative, va lui a prelevarla. Nonostante la situazione estremamente pericolosa. O forse proprio per questo, per non esporre troppo i suoi uomini. Questo in italiano si chiama “senso del dovere”.

Salgono in auto e si dirigono all’aeroporto di Baghdad dove li attende l’aereo dei Servizi per rientrare in Italia. Ad un posto di blocco un soldato americano apre il fuoco sull’auto. Il dirigente del SISMi si getta sul corpo della giornalista per proteggerla dai proiettili. Lei si salva. Lui muore. Questo in italiano si chiama “eroismo”.

In occasione del ventesimo anniversario della sua uccisione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda a tutti che “le spiegazioni delle circostanze che hanno causato la sua morte permangono tuttora non esaurienti”.

Nella motivazione per il conferimento della medaglia d’oro al valor militare da parte del Presidente della Repubblica del tempo, Carlo Azeglio Ciampi, si legge che “prodigandosi con professionalità e generosità, sempre incurante del gravissimo rischio cui consapevolmente si esponeva, animato da altissimo senso del dovere, riusciva a conseguire l’obiettivo di restituire la libertà alla vittima del sequestro, mettendola in salvo”.

Tutto questo oggi è un film, proiettato in anteprima a Roma nel giorno del ventennale. Si intitola Il Nibbio, dal nome in codice assunto da Nicola Calipari in Iraq, ed è stato diretto dal regista Alessandro Tonda.

“Nicola non era un eroe” ricorda la moglie Rosa Villecco Calipari.

Un film da vedere.