Le imprese dei coloni ebrei nei loro primi insediamenti in Palestina negli anni Trenta vengono magistralmente raccontate da Arthur Koestler nel suo Ladri nella notte, uscito quasi ottanta anni fa (1946). Pochi avrebbero potuto raccontare meglio di lui le atmosfere, i rapporti, le fatiche, gli amori, le attese, i contrasti dentro quegli insediamenti. Perché Koestler (romanziere, saggista, giornalista e molto altro ancora) in quegli insediamenti c’è stato di persona.

Già la vita dell’autore potrebbe essere un romanzo. Nato a Budapest, di famiglia ebraica, Koestler a vent’anni andò a vivere in Palestina sull’onda del sionismo. Fece il giornalista per una testata tedesca, e dalla Palestina finì in Germania. Quando i nazisti presero il potere e l’antisemitismo divenne soffocante, si rifugiò come molti altri in Francia, dove continuò ad esercitare il mestiere di giornalista. Negli anni della guerra civile spagnola andò a raccontare le tragiche vicende di quel conflitto, riuscì a sopravvivere all’arresto e ad una condanna a morte, e se ne ritornò in Francia. Iscritto al Partito comunista, se ne allontanò abiurando il comunismo a seguito delle feroci purghe staliniane. Occupata la Francia dai nazisti, si arruolò nella Legione straniera per sfuggire alla loro persecuzione, si rifugiò a Londra e prese la cittadinanza inglese.

Gli stessi inglesi sono parte importante del suo romanzo. La Palestina è sotto il Mandato britannico della Società delle Nazioni, e nel libro ritorna spesso il sentimento di simpatia che gli Inglesi nutrivano più per gli Arabi che per gli Ebrei.

Il romanzo racconta della nascita della colonia agricola ebraica di Torre di Esdra, in Galilea, che come per tutti gli altri insediamenti sionisti in Palestina è stato possibile istituirla grazie al fatto che gli Arabi vendevano la terra agli Ebrei. Prima prendevano i soldi dagli Ebrei, poi si lamentavano della presenza degli Ebrei.

Sullo sfondo, la tragedia dell’antisemitismo nazista. Uno dei principali protagonisti del libro, l’ebreo Joseph, una volta nominato Commissario agli acquisti per la colonia agricola, trascorreva molti giorni della settimana ad Haifa per prendere il necessario. “Fece, ereticamente, colazione in una piccola trattoria araba, dove il cibo era a buon mercato, sporco e gustoso, e il cui proprietario, obeso, gli comunicò in tono confidenziale, che Hitler, Protettore dell’Islam, avrebbe presto distrutto l’Impero britannico, restituito il paese agli Arabi e buttato gli Ebrei in mare, meno Joseph, beninteso”.

Questa l’aria che tira, con le Autorità inglesi che nel frattempo non autorizzano lo sbarco agli ebrei immigrati irregolarmente dopo essere fuggiti dall’Europa: dopo la sentenza della corte che ordinava il loro rimpatrio, la nave “scivolava lenta, oltre il lungo sciogliflutti, verso il mare aperto, seguita da uno stormo di gabbiani roteanti: ché il vapore riportava i suoi passeggeri verso il Mediterraneo solatio e le varie specie di morte che li attendevano”.

Già allora valeva l’acre considerazione dell’avvocato difensore di ebrei accusati di immigrazione clandestina in Palestina: “Tutti non facciamo altro che portar documenti. Forse, dovremmo portare delle rivoltelle”.

Ecco servita una inesorabile guerra.