La guerra vista attraverso sette giovani donne tedesche, le loro angosce, i loro sogni spesso disperati, le loro esaltazioni ideologiche (solo nel caso di una, a dire il vero), il terrore controllato a forza, l’eco delle notizie che arrivano sommesse e nascoste. E improvvisamente, da un giorno a un altro, la guerra sono costrette a viverla attraverso il loro apparato digerente.
Abitano nei villaggi in prossimità della “tana del lupo” di Adolf Hitler, nella Prussia orientale. Ormai il führer risiede sempre meno frequentemente a Berlino, e ovviamente le ossessioni su complotti e tentativi di ucciderlo sono al livello della paranoia. E dunque, nonostante i ferrei controlli sulla cucina e sugli addetti alla preparazione dei suoi pasti, sette giovani in ottima salute sono costrette tutti i giorni a mangiare il cibo preparato per Hitler per il suo pranzo e la sua cena. Se rimangono avvelenate, avranno salvato la vita al führer.
Veramente un bel film, uscito quest’anno e diretto da Silvio Soldini, girato con maestria teatrale, ben interpretato dalle attrici protagoniste e dal resto del cast. Molto interessante era anche l’omonimo romanzo di Rosella Postorino, pubblicato nel 2018 e vincitore del Premio Campiello, da cui hanno tratto ispirazione per realizzare il soggetto del film. In verità, tutti hanno tratto ispirazione dalla storia realmente accaduta di Margot Wölk, che fu davvero una delle assaggiatrici del cibo destinato a Adolf Hitler.
Non poteva mancare anche la tragica storia d’amore della protagonista, Rosa Sauer: l’attesa dell’amato marito Gregor dal fronte russo s’infrange davanti alla fredda lettera con cui si comunica che ufficialmente è diventato “disperso”. E da lì partono ulteriori sviluppi per le vicende sentimentali della assaggiatrice/protagonista su cui si lascia giudicare agli spettatori.