Una storia di arte e di guerra, di amore e di medicina. Una storia dipanata nelle tragedie novecentesche della Germania e della città di Dresda, attraverso le vicende del protagonista principale Kurt Barnert. Opera senza autore (2018) è un film tedesco interamente creato da Florian Henckel von Donnersmarck, di cui è stato soggettista, sceneggiatore, regista e produttore.
Kurt è bambino nella Dresda nazista, adolescente nella Dresda rasa al suolo dai bombardamenti alleati, giovane studente di pittura nella Dresda comunista. Fuggito a Berlino Ovest pochi mesi prima della costruzione del Muro, sperimenta l’età adulta e la maturazione artistica a Düsseldorf.
Il film è interessante e ben girato, con una trama che mette in mostra la banalità del male del nazismo e delle SS nel loro programma di sterilizzazione delle persone secondo loro “prive di valore” (persone affette da sindrome di Down, persone psicologicamente fragili o con problemi mentali, o semplicemente diverse dalle altre), fino alla loro deportazione laddove “verranno liberate dalle loro inutili esistenze”.
Nella Germania comunista viene protetto e tutelato il medico delle SS Carl Seeband, padre della ragazza dil cui Kurt si innamora, per il solo fatto di aver salvato, durante il parto, il nipotino dell’ufficiale sovietico che lo aveva imprigionato una volta sconfitta la Germania. Ma gli studi di pittura secondo i canoni del realismo socialista non entusiasmano certo il giovane Kurt, che ricomincia una nuova vita ad ovest.
Molto adeguata alla parte del medico nazista spietato e privo di alcun moto di empatia verso il dolore e la tragedia umana risulta l’interpretazione dell’attore tedesco Sebastian Koch, già diretto dal medesimo regista nel film Le vite degli altri (2006) e da Steven Spielberg ne Il ponte delle spie (2015). Non ci ha particolarmente colpito l’attore Tom Schilling nella parte di Kurt, mentre la recitazione di Paula Beer (fidanzata prima e moglie poi di Kurt) e di Saskia Rosendahl (la giovane zia di Kurt, gassata nei campi di concentramento nazisti) è molto convincente.
Un inno all’arte, ispirato alle vicende reali del pittore tedesco Gerhard Richter. Florian Henckel von Donnersmarck si conferma, dopo il Premio Oscar per il suo Le vite degli altri, uno dei più interessanti registi tedeschi.