Il film del 2020, diretto dal regista francese Emmanuel Courcol, vincitore dell’European Film Award per la miglior commedia e riproposto in televisione in questi giorni, presenta nuovamente il tema del riscatto, prima di tutto umano e poi anche professionale, di un attore di provincia che, tenendo in un carcere francese un seminario nell’ambito di un programma di inserimento di esperienze culturali voluto dalla direttrice del penitenziario, entra in contatto con un gruppo di detenuti su cui decide di scommettere per mettere in scena una rappresentazione teatrale. E il riscatto umano riguarda prima di tutto i detenuti stessi, ognuno con il suo difficile carattere (e i suoi reati sulle spalle, non andrebbe dimenticato) e la sua personalità individuale.

L’intuizione decisiva dell’attore di teatro, ben interpretato da Kad Merad, che diventa regista del gruppo di carcerati, è quella di cogliere l’essenza della loro attuale condizione di vita nel penitenziario: l’attesa. Il detenuto passa ogni giornata in attesa, il tempo trascorre attendendo sempre qualcosa. E allora quale migliore idea se non quella di mettere in scena “Aspettando Godot” di Samuel Beckett?

La trama del film ruota tutta intorno alla complessa necessità di coinvolgere i detenuti in questa impresa, alle faticosissime prove, ai rapporti umani tra di loro, tra loro e le loro famiglie, tra la direttrice e l’attore/regista, tra la direttrice e il giudice che tutto deve autorizzare.

Il titolo originale è Un triomphe, e suggerisce a tutti come andrà a finire. Ci sono però due tipi di trionfi: uno è quello della tournée in vari teatri di provincia; l’altro è quello finale nell’ultima tappa a Parigi, al prestigioso Théâtre de l’Odéon (da qualche decennio ribattezzato Odéon-Théâtre de l’Europe). A Parigi va in scena il trionfo del regista. Ma non si vuole svelare nulla di più.

Il film è ispirato a una storia vera: in Svezia il regista teatrale Jan Jönson mise in scena “Aspettando Godot” con un gruppo di detenuti. Non sappiamo se finì nello stesso modo.